Passaggi in Penombra
by Matteo Galbiati e Raffaella Nobili
Il titolo della personale di Takahashi, Passaggi in Penombra – かげりに浮かぶ調べ, nella sua traduzione giapponese, si compone di tre ideogrammi intrinsecamente significativi.
Il primo, かげり (kageri = penombra), evoca la penombra, manifesta nell’opera di Takahashi come puntuale oggetto di indagine, allo stesso tempo simbolica e tecnica, da parte dell’artista. Attraverso l'immaginifico galleggiare e fluttuare dei soggetti rappresentati Takahashi allude agli stati di sospensione temporale e spaziale come alterazioni della coscienza nella propria percettività oggettiva verso stadi liminali, temporanei, soggettivi, transeunti.
Il distacco apparente dalle superfici di fondo induce l’emersione timida, ma persistente dei soggetti, ottenuta grazie al sapiente impiego di passaggi tonali apparentemente impercettibili, ma ben presenti e ponderati.
浮かぶ (ukabu = galleggiante; venire a galla, affiorare) riflette il modo in cui le creazioni di Takahashi, con grazia e delicatezza, appaiano sollevarsi al di sopra delle dimensioni concrete del dipinto con sottile levità.
Il terzo ideogramma, 調べ (shirabe), tradotto con una perifrasi, viene generalmente impiegato in senso figurato e allude alle intricate melodie dell'animo umano.
In questa prospettiva, le opere dell’artista si configurano come una rappresentazione visiva di questo concetto che, da una prospettiva intima e soggettiva dell’artista, si amplificano a raggiungere una dimensione corale e coinvolgente in cui ciò che permane inespresso trova sfogo e rappresentazione in una sinfonia di variazioni delicate.
Sfumature, come nuances di una melodia musicale, si svelano in modo emblematico all’interno dell’allestimento, creando un dialogo suggestivo tra il soggetto, il medium e lo spettatore.
Nell’ambito dell’esposizione, si avrà l’opportunità di contemplare opere di varie dimensioni, caratterizzate principalmente dall'abile utilizzo di strumenti primari ed essenziali per prossimità, reperibilità e per la loro concretezza: carta e matita, potenziate e rinvigorite dalla recente introduzione del gesso.
Takahashi esplicita la complessità della sua espressione artistica attraverso un’ampia gamma di variazioni “cromatiche”, sebbene il medium a sua disposizione, la grafite, sia per definizione considerato monotono.
L’artista lavora sorprendentemente per sottrazione, asportando cioè parte della grafite presente sulla superficie del foglio. Un procedimento inverso rispetto al più comune approccio del disegnare che si realizza per aggiunta di pigmenti alla tela.
Questo processo controllato permette, grazie all’atto del togliere, l’emersione del vuoto, come valore estetico frequente nell’arte di Takahashi, ma non fine a se stesso.
Nella serie Un silenzio che dà voce i soggetti scelti sono conchiglie, forme ataviche riconducibili alle conformazioni basilari del micro e macro cosmo, dalle galassie dell’universo al DNA, il codice basilare della vita.
Questi elementi naturali sono volutamente sottili, resi immateriali nella loro evanescenza per essere quasi impercettibili all’occhio umano, inducendo nell’osservatore un’allerta nei sensi, un’attenzione rinnovata alla ricerca di ciò che separa il poco visibile dall’invisibile.
Il vuoto, in questo senso, ha una sua finalità ben precisa nel promuovere il movimento senza essere l’obiettivo principale della rappresentazione; secondo la tradizione culturale giapponese, infatti, esso non è assenza, bensì non-presenza, spazio libero interpretativo che richiama il fruitore a uno sforzo dinamico in reazione e relazione ad esso, aprendo la via all’introspezione.
Per Kanako Takahashi il disegno è il punto cardine della manifestazione artistica in quanto, come spiega l’artista stessa:
“Non è tanto un mezzo per esprimersi, quanto un mezzo per osservare, approfondire, comprendere e pormi domande su ciò che è dentro di me, sul mondo, sulla natura e sulle cose che mi circondano. Il disegno è uno strumento di comunicazione non con il mio pubblico, ma con il cosmo, la Natura e la mia interiorità.
Nella mia carriera continuo costantemente a interrogarmi, attraverso l’uso consapevole e la sperimentazione della carta, dello stucco, dell’inchiostro e della matita, se sono essi davvero gli strumenti migliori per esprimere la mia intimità e la mia anima.”
Il disegno non è, quindi, per l’artista uno strumento solamente per esprimersi, quanto più per osservare, comprendere, approfondire e indagare la Natura e la società attorno a sé.
Il nucleo della mostra, di più recente produzione, è incentrato sulla rappresentazione di una serie di finestre, variamente declinate, attraverso cui irrompe la luce.
In questo corpus di opere Takahashi indaga il rapporto tra ciò che è fuori e ciò che è dentro, circoscrivendo uno spazio fisico connotato architettonicamente, ma dissimulando allo stesso tempo il punto di vista dell’osservatore, il cui sguardo si trova nella posizione ambivalente, dal punto di vista percettivo, di discernere se sia al di qua o al di là del muro.
L’opera Ombra bianca è profondamente esemplificativa del processo simbolico che interessa gli ultimi lavori di Takahashi.
Il soggetto della finestra è nuovamente proposto massimizzandone gli aspetti ambigui. Il titolo stesso – è un ossimoro, una voluta contraddizione in termini – ci suggerisce un’interpretazione eteronoma dell’opera.
Se comunemente sia l’ombra che la luce vengono associate rispettivamente a qualità scure e luminose, connotandole pertanto con valutazioni negative e positive, l'impiego simultaneo di questi due termini antitetici mira a emancipare la dicotomia luce e ombra dalla consueta opposizione tra queste polarità opposte, risemantizzandone i significati originari.
Inoltre, lo spazio dell’ombra non mostra niente di concreto, descrive un’area di cui non si conosce né la fine né l’inizio; ci potrebbe suggerire un luogo protetto, una casa o una chiesa, o una via di passaggio in cui i raggi del sole di giorno o della luna a notte fonda filtrano attraverso le foglie degli alberi.
La luce che arriva dalla finestra, arriva dall’esterno o dall’interno di noi stessi?
Come spiega Kanako:
“Questo è ciò che l'artista fa sempre: creare opere che pongano domande lasciando libero campo alle risposte.
かげりに浮かぶ調べ
by Matteo Galbiati e Raffaella Nobili
高橋香菜子の個展タイトル「Passaggi in Penombra ― かげりに浮かぶ調べ」は、日本語訳において三つの本質的な意味を内包した文字から成り立っている。
最初の言葉である「かげり(kageri=半影、薄暗がり)」は、髙橋の作品において、象徴的かつ技法的な両義性をもつ明確な探究対象として現れる半影を想起させる。描かれたモチーフが想像的に漂い、揺らぐように存在するそのあり方を通して、高橋は時間的・空間的な停止状態、すなわち意識の変容としての宙づりの状態を示唆する。それは、客観的な知覚から、限界的で一時的、主観的かつ移ろいやすい段階へと向かう意識の変化である。
背景となる支持体の表面から一見切り離されたかのようなその状態は、慎ましくも持続的なかたちでモチーフを浮かび上がらせる。それは、ほとんど知覚できないほど微細でありながら、確かに存在し、熟慮されたトーンの移ろいを巧みに用いることによって可能となっている。
「浮かぶ(ukabu=漂う、浮上する、現れる)」という言葉は、高橋の作品がもつあり方を端的に示している。彼女の創作は、優雅さと繊細さを湛えながら、絵画という具体的な次元を超えて、かすかな軽やかさとともに持ち上がるように立ち現れる。
三つ目の語である「調べ(shirabe)」は、意訳されることが多く、一般的には比喩的な意味合いで用いられ、人間の内面に潜む複雑で入り組んだ旋律を暗示している。
このような視点から見ると、高橋の作品は、この概念を視覚的に表象するものとして立ち現れる。それらは、作家自身の親密で主観的な視点から発しながら、やがて合唱のように広がり、観る者を包み込む次元へと増幅されていく。言葉にならずに留まっていたものが、繊細な変奏の交響として解き放たれ、表現されるのである。
音楽の旋律におけるニュアンスのように、微細な濃淡が展示空間の中で象徴的に姿を現し、モチーフ、媒体、そして鑑賞者のあいだに示唆的な対話を生み出す。
本展では、さまざまなサイズの作品を鑑賞することができる。それらは、身近で入手しやすく、具体性を備えた、紙と鉛筆という基本的かつ本質的な素材を巧みに用いることを特徴としており、近年新たに導入された石膏によって、その表現はさらに強化され、活性化されている。
高橋は、幅広い「色調的」変奏を通して、自身の芸術表現の複雑さを明らかにする。使用される媒体であるグラファイトは、定義上は単調なものと見なされがちであるにもかかわらず、である。
彼女の制作は驚くべきことに「削減」によって成り立っている。すなわち、紙の表面にすでに存在するグラファイトを取り除くことで描くのである。これは、顔料を加えていくという一般的な描画の方法とは正反対のプロセスである。
この制御されたプロセスは、「取り除く」という行為を通して、空白を浮かび上がらせる。それは高橋の作品に頻出する美的価値であるが、決してそれ自体が目的ではない。
《Un silenzio che dà voce(声を与える沈黙)》のシリーズにおいて選ばれたモチーフは貝殻である。それは、ミクロとマクロの宇宙――銀河から生命の基本コードであるDNAに至るまで――に通底する、原初的な形態を想起させる存在である。これらの自然要素は意図的にきわめて繊細に描かれ、その儚さの中で非物質化されることで、人間の目にはほとんど知覚できないほどの存在となる。そうして鑑賞者の感覚を研ぎ澄まし、かろうじて見えるものと見えないものの境界を探ろうとする、新たな注意を呼び起こす。
この意味において「空(くう)」は、明確な目的をもって存在している。主たる表現対象としてではなく、運動を促すための契機としてである。日本の文化的伝統において、空は欠如ではなく「非・存在」であり、解釈のために開かれた余白として、受け手に能動的な反応と関係性を求め、内省への道を拓く。
高橋香菜子にとって、ドローイングは芸術表現の中核をなすものである。彼女自身の言葉によれば、
「ドローイングは、自己表現の手段というよりも、観察し、掘り下げ、理解し、自分の内側や世界、自然、そして身の回りのものについて問いを立てるための手段です。私にとってドローイングは、観客とではなく、宇宙や自然、そして自分自身の内面と対話するためのコミュニケーションの道具なのです。私のキャリアを通して、紙、スタッコ、インク、鉛筆といった素材が、本当に私の親密さや魂を表現するための最良の手段なのかを、意識的な使用と実験を通して問い続けています。」
したがって、ドローイングは彼女にとって、単に表現するための道具ではなく、自然や社会を観察し、理解し、深め、探究するための手段なのである。
本展の核となる近作群は、光が差し込む「窓」を主題とした一連の作品で構成されている。これらの作品において高橋は、内と外の関係性を探りながら、建築的に規定された物理的空間を描き出す一方で、鑑賞者の視点を意図的に曖昧にする。観る者の眼差しは、知覚の次元において、壁のこちら側にいるのか、それとも向こう側にいるのかを判別できない、両義的な位置に置かれるのである。
作品《Ombra bianca(白い影)》は、近年の高橋の制作に通底する象徴的プロセスを端的に示している。窓というモチーフは再び取り上げられ、その曖昧さが最大限に強調されている。タイトルそのものが――意図的な矛盾を孕んだオクシモロンとして――作品の他律的な解釈を示唆している。
一般的に、影と光はそれぞれ暗さと明るさに結びつけられ、否定的/肯定的という価値判断を伴って語られる。しかし、この二つの対立語を同時に用いることで、光と影の二項対立はその慣習的な枠組みから解放され、本来の意味が再定義される。
さらに、影の空間は具体的なものを何も示さず、始まりも終わりも定かではない領域として描かれる。それは、守られた場所、家や教会、あるいは通過のための道を想起させるかもしれない。昼には太陽の光が、深夜には月の光が、木々の葉を透過して差し込むような場所である。
窓から差し込む光は、外から来るものなのだろうか。それとも、私たち自身の内側から生まれるものなのだろうか。高橋はこう語っている。
「これは、アーティストが常に行っていることです。答えを与えるのではなく、問いを投げかける作品をつくり、解釈の自由を開いたままにすることなのです。




